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>>>ANSA/Cresce la farmaceutica, export record da 49 miliardi

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Farmindustria: 'Stop al payback e rivedere la legislazione Ue'

ROMA, 04 luglio 2024, 19:08

Redazione ANSA

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(di Antonino Michienzi) Un settore in salute, trainante per l'economia e lo sviluppo del Paese, ma rallentato da vecchie norme su scala nazionale e penalizzato dalle politiche Ue nel contesto internazionale. È il ritratto dell'industria farmaceutica italiana che emerge dall'Assemblea annuale di Farmindustria.
    Il farmaceutico nel 2023 conferma tutti i sui punti di forza.
    La produzione continua a crescere raggiungendo un valore di 52 miliardi di euro, marcando un +6% rispetto al 2022. Netto anche l'incremento dell'export, che lo scorso anno è arrivato a 49,1 miliardi di euro (+3%). Un dato che piazza l'Italia al sesto posto nel mondo per le espportazioni nel farmaceutico con un peso del 6% sul mercato globale.
    "La nostra industria conferma di essere un settore hi-tech strategico per la nazione, nonostante le difficoltà causate dall'aumento dei costi del 30% rispetto al 2021", afferma il presidente di Farmindustria Marcello Cattani.
    Le 284 imprese del settore farmaceutico hanno un peso rilevante anche nell'occupazione: sono 70 mila le persone impiegate direttamente dal comparto, a cui si aggiungono 236mila dai settori dell'indotto. Cospicui gli investimenti che ammontano a 3,6 miliardi, 2 dei quali in Ricerca & Sviluppo.
    Se questi sono i dati positivi, tuttavia, lo scenario non manca di fonti di preoccupazione. In Italia, resta il nodo del payback, il sistema che obbliga l'industria farmaceutica a rimborsare una quota delle spesa per farmaci eccedente i tetti fissati dalla normativa. "Questo meccanismo distorto, che quest'anno arriva a circa 2 miliardi di euro, comincia ad avere delle ripercussioni sulle aziende in termini di scelte difficili sull'occupazione", dice Cattani che ne chiede l'abolizione. Non è possibile che questo settore, "un fiore all'occhiello" dell'Italia", gli fa eco il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, "paghi le scelte dei costi delle regioni".
    Altro nodo cruciale è anche quello dei tempi di immissione dei nuovi farmaci. "In Italia occorrono 14 mesi", prosegue il presidente di Farmindustria, che confida in un impatto positivo della nuova organizzazione dell'Agenzia del Farmaco. "Un tema di competitività anche questo", sottolinea Orsini se, dice, la Germania ne impiega due di mesi.
    Le preoccupazioni della farmaceutica, però, sono rivolte soprattutto al contesto internazionale. "Il futuro accelera davanti a noi. Ci sono 23mila nuovi medicinali in sviluppo nel mondo, sono in arrivo farmaci fino a ieri impensabili come contro l'Alzheimer e, poi, strategie innovative che avranno un impatto dirompente", continua Cattani.
    In questo contesto alcuni Paesi come Usa, Cina, Singapore, Emirati Arabi, Arabia Saudita stanno premendo sull'acceleratore degli investimenti, rafforzando le politiche industriali e adottando normative che aumentino l'attrattività. Non l'Unione Europea, che ha fatto "scelte sbagliate" e penalizzanti, dice.
    Il riferimento è soprattutto alla riforma della legislazione farmaceutica, approvata lo scorso aprile dal Parlamento europeo, che ha tra i suoi effetti una riduzione della protezione dei dati sui farmaci e che l'industria del farmaco auspica sia rivista.
    "Dobbiamo cercare in qualche modo di rispondere e rendere nuovamente attrattivo l'investimento in Europa", dice il ministro della Salute Orazio Schillaci. "Europa sì, ma bisogna avere delle regole che non penalizzino il nostro saper fare, il fatto che noi siamo anche la seconda manifattura in Europa", gli fa eco il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
    Intanto si lavora anche sulla capacità del Paese di attrarre e, per il futuro, formare le professionalità richieste dalla trasformazione tecnologica in corso. Durante l'assemblea di Farmindustria è stato firmato un protocollo d'Intesa tra ministero dell'Università e della Ricerca, Conferenza dei rettori e Farmindustria. "È un accordo in cui crediamo moltissimo", afferma il ministro dell'Università Anna Maria Bernini. "Il risultato è veramente straordinario" e porterà a "percorsi di formazione sempre più innovativi, sempre più adatti a quello che adesso il mercato richiede", conclude.
   

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