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Milano, città del design. I 10 luoghi sconosciuti e da non perdere

Milano, città del design. I 10 luoghi sconosciuti e da non perdere

La città come immenso showroom in un atlante / censimento

03 ottobre 2024, 17:18

di Agnese Ferrara

ANSACheck
Architecture of Milan @iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Architecture of Milan @iStock. - RIPRODUZIONE RISERVATA

Non solo il Pirellone e i nuovi quartieri ultra moderni. Dopo i luoghi più fotografati, cliccati, ammirati e rinomati del design milanese, la città meneghina offre numerosissimi altri tesori. Disseminati ovunque, dal centro alla periferia, nei musei, nelle strade e nel metrò meritano di essere notati e ammirati. Ne racconta la storia e li mette in risalto Sara Pupillo, autrice di guide turistiche di successo e del nuovo libro ‘111 luoghi di design a Milano che devi proprio scoprire (Emons editore), presentato a Milano presso lo store Lanerossi nel cuore di Brera.
“Se si osserva Milano con attenzione e curiosità ci si svela sotto gli occhi una città straordinaria, un museo a cielo aperto di una delle arti più innovative del Novecento: il design. Un atlante della genialità dei “grandi maestri” – Ponti, Castiglioni, Munari, Albini, Magistretti, Aulenti, Sottsass, Pesce, Vigo – declinata in oggetti, abitazioni, musei, edifici e interi quartieri, e una storia che permette di leggere il futuro di un patrimonio che si rinnova continuamente. – spiega l'autrice del volume. - Milano è un immenso showroom di se stessa e quello del design è un patrimonio culturale entrato a far parte del suo DNA”.
“Dalla rinascita del dopoguerra Milano è considerata oggi l’unica città del futuro in Italia: mentre progettavano infrastrutture come la metropolitana, interi quartieri e un numero infinito di singoli edifici (grattacieli, villette, ma anche edilizia popolare e chiese), geniali architetti lavoravano alla produzione di massa di arredi e oggetti, resa possibile dalla collaborazione con tanti imprenditori coraggiosi e intraprendenti, per lo più eredi delle botteghe artigiane della Brianza, - spiega Pupillo. - Da un lato vedeva la luce un numero incredibile di edifici oggi considerati icone dell’architettura, ma all’epoca spesso incompresi; progettati da Gio Ponti, Piero Bottoni, Ignazio Gardella, Figini e Pollini, Aldo Rossi, Vico Magistretti, Gino Valle, Angelo Mangiarotti, Marco Zanuso, si inserivano nel contesto milanese fatto di tram, case di ringhiera, villaggi operai e cascine urbane. Dall’altro, in tutte le case entravano oggetti che rappresentavano, al pari delle nuove costruzioni, il riscatto e la modernità, ideati da quelle stesse menti che stavano ridisegnando la città (nella casa della mia infanzia, per esempio, c’erano la lampada Chimera di Magistretti, la Olivetti Lettera 22 di Nizzoli e l’orologio da tavolo di Gino Valle. Quella spinta al rinnovamento continua ancora oggi”.

L’autrice seleziona per ANSA LIFESTYLE 10 luoghi del design tra i meno noti e da non perdere:
1. MUMAC – Museo della Macchina per Caffè, via Neruda 2, 20082 a Binasco (MI).
Allestito dall’azienda Cimbali nel 2012 in occasione del centenario del brand (fondato nel 1912 come piccola officina a Milano, specializzata nella lavorazione del rame), il museo mostra macchine da bar di marchi diversi per la preparazione del caffè dai primi del Novecento ai giorni nostri. Tra le centinaia di modelli esposti spiccano la Cimbali Rapida dei primi anni Trenta, progettata in perfetto stile razionalista; la Cornuta di Gio Ponti per La Pavoni (1947); la Pitagora che valse il Compasso d’Oro ad Achille e Pier Giacomo Castiglioni nel 1962; e varie versioni della E61 Faema (1961), il modello più conosciuto e diffuso al mondo, in produzione ancora oggi.
2. La Chiesa di San Giovanni Bono, piazza Arrigo Arrighetti (ex via S. Paolino 20), Milano.
Nel quartiere Sant’Ambrogio,  ex area rurale a poche centinaia di metri dall’autostrada Milano-Genova, diventata residenziale con alti edifici con portici, grandi spazi verdi e pedonali, scuole e servizi commerciali, nell’area non accessibile alle auto spunta una imponente e insolita chiesa, davanti a una grande fontana a vasca romboidale che funge da specchio. E’ la chiesa di San Giovanni in Bono, progettata dall’architetto Arrigo Arrighetti nel 1958. Arrighetti è stato tra i più prolifici della città, ha realizzato centinaia di edifici pubblici ma è rimasto sconosciuto ai più perché dipendente pubblico, direttore dell’Ufficio Tecnico e dell’Ufficio Urbanistico del Comune di Milano).  La facciata triangolare in cemento ricorda una tenda da campeggio, anche austera ma davvero originale. All’interno tutto è caldo e accogliente, con vetri colorati incastonati qua e là sulla facciata che regalano un’atmosfera raccolta e allegra. Perché anche gli spazi pubblici, talvolta, possono permettersi di essere eccentrici.
3. Il divano ‘Michetta’ al museo Poldi Pezzoli, via Manzoni 12, Milano.
Non vogliamo parlare delle opere esposte al museo ma della grande seduta che permette di ammirarne una, il ‘Ritratto di giovane dama’ del Pollaiolo insieme agli altri capolavori presenti nel salone dorato del museo. E’ il divano dal buffo nome di Michetta (come il panino della tradizione meneghina, oggi purtroppo introvabile), realizzato dal’architetto, designer, pittore e scultore Gaetano Pesce. “I visitatori si fermano per ammirarlo come fosse un’opera, hanno perfino dubbi se sedersi oppure no, - spiega Pupillo. – E’ componibile, ha ogni volta una forma diversa perché gli addetti ne cambiano la disposizione frequentemente”.  “Il Poldi Pezzoli ha aperto la strada e così è nata l’iniziativa “Musei dialoganti: 10 sedute per 10 musei” (www.museocity.it), grazie alla quale nei principali musei milanesi ci si imbatte in poltrone di Pesce, di Gio Ponti o di Philippe Starck, su cui accomodarsi” precisa l’autrice.
4. Il ‘Monte Amiata’ a Milano, tra Via Falck 53 e via Cilea 106.
E’ un gigantesco complesso residenziale del quartiere ‘Gallaratese’, il Monte Amiata. Il nome è quello della Società Mineraria Monte Amiata, che finanziò la costruzione in un’area allora completamente immersa nella campagna. Creazione di Carlo Aymonino e Aldo Rossi alla fine degli anni ’60, epoca di progettazione e costruzione di grandi complessi residenziali popolari in molte città italiane completi di servizi come attività commerciali di vicinato, luoghi per la socialità e aree gioco per i bambini. “Nella maggior parte dei casi il risultato è stato un fallimento e quei giganti non sono diventati affatto un’oasi nel deserto delle periferie ma luoghi di
abbandono, degrado e, spesso, criminalità. – sottolinea Pupillo. Il Monte Amiata fa eccezione e negli anni è perfino migliorato. “Tra le piante dei giardini si alternano corridoi coperti e scoperti,
una palestra e anche un anfiteatro. Gli appartamenti sono tutti diversi l’uno dall’altro, e molti hanno mantenuto dettagli interni originali creati dagli architetti, come le imponenti scale in legno delle abitazioni a due piani. Il fiore all’occhiello, però, è la biblioteca condominiale, due stanze
gestite da condòmini in pensione, arredate con tavoli, sedie e poltrone, e tanti scaffali dove chi vuole può donare i libri che non usa più. È solo uno degli esempi di come chi abita qui, oltre 2.000 persone, si prende cura del Monte Amiata”. Un luogo speciale anche meta di studio di giovani studenti di architettura che qui vengono da ogni parte del mondo per fotografarlo.
5. Le palazzine cilindriche di Angelo Mangiarotti. Via Gavirate 27, Milano
Tre piccoli cilindri spuntano nella via. Poggiati su pilastri a palafitta, hanno giardini rigogliosi sui tetti.  A progettarle nel 1956 furono Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti (soci fino al 1960). Architetto, designer e scultore, tra il 1953 e il 1955 Mangiarotti studiò e lavorò negli Stati Uniti, trovandosi a stretto contatto con giganti dell’architettura come Frank Lloyd Wright, Walter Gropius e Ludwig Mies van der Rohe, per poi diventare lui stesso un grande nome noto in tutto il mondo (Compasso d’Oro alla carriera nel 1994”. “Inaugurate nel 1962, le tre palazzine cilindriche. la cui forma probabilmente prese ispirazione da esempi americani, sono ancora oggi tra le architetture più originali della città: ognuna poggia su un pilone del diametro di quasi 2 metri, e oltre a un giardino al piano terra, è presente un giardino pensile sul tetto di ciascun cilindro” spiega l’autrice. 
6. La linea Rossa del metrò contiene capolavori di design d’uso quotidiano
Milanesi e turisti non ci fanno caso, ma “la Rossa”, cioè la linea 1 della metropolitana, è molto più di un insieme di stazioni e mezzi di trasporto. I lavori di costruzione presero avvio nel 1957 e ad occuparsi del progetto architettonico (arredi, colori, materiali) e della segnaletica furono chiamati gli architetti Franco Albini, Franca Helg e Bob Noorda. “Il risultato furono treni e stazioni eleganti, con dettagli pensati per guidare e seguire il flusso dei passeggeri, spiega Pupillo. – Dal colore scelto, il rosso, alla segnaletica ai corrimano originali a forma di ‘t’ rovesciata, che in pochi si soffermano ad osservara, è stata dettata una linea originale e di altissimo livello nel design tanto che l’autore della segnaletica, Bob Noorda, fu chiamato successivamente anche per progettare le insegne del metrò di New York”.
Settant’anni dopo, purtroppo varie ristrutturazioni hanno malauguratamente apportato modifiche all’equilibrio stilistico originario. “Per esempio, in alcune stazioni i pavimenti sono stati sostituiti da anonime (e scivolosissime) piastrelle bianche, e il carattere tipografico usato nella
segnaletica è stato inspiegabilmente cambiato. Tuttavia, la M1 resta ancora un capolavoro” conclude Pupillo.
7. Panettoni in strada tutto l’anno.
I manufatti in cemento, soprannominati panettoni e presenti in moltissime città, sono nati a Milano. Chi non si è mai seduto ad allacciarsi le scarpe, a mangiare un gelato o ad aspettare un amico per qualche minuto su un “panettone” di cemento? “Un oggetto talmente familiare, creato per impedire alle auto di passare o parcheggiare, che neanche si immagina che dietro ci sia la mente di un grande designer”. Lo progettò Enzo Mari (1932-2020) nel 1980, ispirandosi al dolce milanese nelle forme e nel nome: un oggetto di servizio che fosse economico da produrre, facilmente trasportabile (viste le ridotte dimensioni) e che al bisogno potesse anche essere usato dai pedoni come panchina. Mari vinse il Compasso d’Oro quattro volte, più un quinto alla carriera, e i suoi lavori sono conservati in molti musei italiani e anche al MoMA di New York. Dipinti in tinte diverse negli anni, diversi panettoni a Milano sono stati decorati dallo street artist Pao: il suo tratto distintivo sono i pinguini, la cui corporatura si adatta alle forme tozze e tondeggianti delle strutture.
8. Un gigante colore aragosta, la nuova sede dell’università IULM in via Carlo Bo 1, Milano
Un gigante color aragosta domina il quartiere che si sviluppa alle spalle della stazione ferroviaria di Romolo: è IULM 6, il più interessante e scenografico fra gli edifici dell’università. Inaugurato nel 2015, è progettato da Gianluca Peluffo e dallo studio 5+1AA e fa parte del vasto complesso che ospita aule, uffici e servizi dell’ateneo. I nove piani del palazzo, su un lato presentano una singolare scala esterna che sembra strisciare sul fianco dell’edificio; un altro lato, invece, è completamente in vetro. Accanto l’ auditorium, cangiante perché rivestito in klinker, ricorda un’astronave.
9. La Kasa dei libri, al quartiere Isola, largo Aldo de Benedetti 4, Milano
Libri antichi, prime edizioni di libri contemporanei, libri d’arte, autografati, collezioni di volumi con copertine d’autore  e così via si trovano alla Kasa dei libri, a Kasa dei Libri, gigantesca biblioteca privata di Andrea Kerbaker (pare che sugli scaffali ci siano più di 30.000 volumi), professore universitario e scrittore. Aperta al pubblico nel 2013 (le visite sono guidate da preparatissime
collaboratrici del fondatore), è un museo dei libri che raccoglie prime edizioni, volumi con dedica dell’autore e edizioni rare curate da Bruno Munari, artista, grafico pubblicitario, inventore di giochi e teorico del design (1907-1998) è stato anche direttore artistico di riviste, nonché autore e illustratore di libri. Qui il visitatore è esortato a toccare, sfogliare e prendersi tutto il tempo che serve per leggerli.
10. Museo di Kartell, quando la plastica è nobile. Via delle Industrie 3, Noviglio (MI)
Il gigantesco stabile della Kartell, con il rivestimento arancione che anima di colore la zona industriale di Noviglio, a sud di Milano, fu progettato nel 1967 da Anna Castelli Ferrieri e Ignazio Gardella e ospita i magazzini, il frequentato outlet ma anche il grande museo aziendale. Qui, esposti su tre piani, sono presentate centinaia di oggetti che illustrano come il polimero sia man mano stato utilizzato per ogni tipo di prodotto per la casa, dalle lampade ai posacenere, ai divani. Non manca, ovviamente, la serie più conosciuta della storia della Kartell, uno dei simboli e best seller dell’azienda: i mobili Componibili ideati da Anna Ferrieri nel 1967. Primo caso di arredi modulari (sovrapponibili potenzialmente all’infinito), erano pensati per poter essere impiegati in qualunque contesto e per qualunque uso.

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