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Dalla sclerosi multipla all'Alzheimer, due proteine spia

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Dalla sclerosi multipla all'Alzheimer, due proteine spia

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In collaborazione con Progetto Mnesys

Studi Mnesys,obiettivo svelare meccanismi inediti delle malattie

21 giugno 2024, 13:53

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Un 'immagine renderizzata 3D della rete cellulare dei neuroni - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un 'immagine renderizzata 3D della rete cellulare dei neuroni - RIPRODUZIONE RISERVATA
Un 'immagine renderizzata 3D della rete cellulare dei neuroni - RIPRODUZIONE RISERVATA

ANSAcom - In collaborazione con Progetto Mnesys

Nuove ricerche svelano il ruolo del sistema immunitario nelle malattie del cervello. Per molto tempo si è pensato che il sistema nervoso centrale fosse autonomo e che il cervello si difendesse da solo per la barriera encefalica che lo rende particolarmente resistente ad attacchi esterni. Si parlava infatti di “santuario immunologico privilegiato”. “Nell’ultimo decennio è però diventato via via sempre più evidente che così non è: il cervello e il sistema immunitario hanno un fitto dialogo, importante non solo per la difesa del cervello, ma anche per il suo funzionamento" spiega Gabriela Constantin, ordinaria di Patologia Generale e Immunologia all'Università di Verona e coordinatrice di un gruppo di ricerca dedicato alla “Neuroimmunologia e Neuroinfiammazione”, che ha presentato i primi risultati a Napoli in occasione del “Primo Forum Nazionale delle Neuroscienze nelll'ambito del progetto di ricerca Mnesys.Il sistema immunitario gioca un ruolo fondamentale non solo nell’insorgenza della sclerosi multipla ma anche nella malattia di Alzheimer, come emerge dagli studi non ancora pubblicati condotti dall’Università di Verona. “Abbiamo identificato l’osteopontina, una proteina coinvolta nel rimodellamento osseo con rilevanti azioni pro-infiammatorie, spia del calo numerico e funzionale dei neuroni e delle loro connessioni e della progressione della malattia in pazienti con sclerosi multipla in fase precoce. Inoltre, la presenza di un’altra proteina, la parvalbumina, all’esordio della malattia, è stata identificata come indicatore in grado di anticipare lo sviluppo di danno cerebrale a distanza di 4 anni. Sempre legato al sistema immunitario ci sarebbe poi una reazione infiammatoria che potrebbe contribuire all’insorgenza dell’epilessia e in particolare a quelle forme resistenti ai farmaci aprendo nuove strade per il trattamento della malattia”, afferma Enrico Cherubini, direttore scientifico dell’European Brain Research Institute Rita Levi–Montalcini (EBRI) e coordinatore del laboratorio congiunto EBRI - Ospedale Pediatrico Bambin Gesù proprio sulle forme di epilessia resistenti ai farmaci nei bambini.

ANSAcom - In collaborazione con Progetto Mnesys

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