Video Priebke, "guai ai vinti"
17 ottobre - Autodifesa tra i libri
07 novembre, 10:38di Luca Laviola
ROMA, 17 OTTOBRE - Alla prima domanda risponde 'Ja', poi continua sicuro in un italiano non perfetto ma molto comprensibile. In poco piu' di 3 minuti e 40 di video-testamento - che il suo legale non vuol dire quando sia stato girato - Erich Priebke si fa intervistare dall'avvocato e tutore Paolo Giachini, una voce fuori campo che non appare mai. L'immagine e' fissa sull'ex capitano delle Ss seduto su un'importante sedia di legno con lo schienale rivestito di pelle, presumibilmente nella casa del quartiere Aurelio, a Roma, in cui viveva da anni agli arresti domiciliari. Priebke indossa una camicia celeste e un gilet scuro, al polso un orologio color argento. Alle sue spalle una libreria in cui spiccano i volumi di un'enciclopedia e altri testi. Alla sua destra un mandala, un diagramma colorato dal valore simbolico e rituale sia nel buddismo che nell'induismo.
Alla sua sinistra due fotografie: in una compare lo stesso avvocato con il casco in sella a un motociclo: la foto fu scattata mentre trasporta Priebke al lavoro esterno; l'altra e' seminascosta e non si distingue. Priebke nel filmato gesticola con le mani in cerchio per descrivere il manifesto del proclama con cui il feldmaresciallo Albert Kesserling - comandante delle forze naziste in Italia - minacciava rappresaglie in caso di attentati.
L'ex ufficiale condannato per l'eccidio delle Fosse Ardeatine esita a trovare le parole solo quando risponde alla domanda sulla rappresaglia per l'attentato di via Rasella. L'intervistatore viene in suo aiuto suggerendo. Per il resto Priebke si sistema l'orologio, accusa alcuni colpi di tosse, accavalla le gambe. L'intervistatore lo chiama "signor Priebke" e le domande sembrano studiate per un racconto lineare della versione dell'ex Ss. Il filmato dell'intervista si interrompe solo due volte. La prima per mostrare la schermata con la copertina dell'autobiografia in tedesco di Priebke, intitolata 'Vae Victis', 'Guai ai vinti', una frase celebre attribuita dallo storico romano Tito Livio a Brenno, capo dei Galli conquistatori di Roma. Che da' il titolo anche all'intervista. La seconda volta sul finale con il fermo immagine dell'estratto di una dichiarazione di Priebke al processo nel 1996. L'ex nazista espresse le condoglianze ai parenti delle 335 vittime delle Ardeatine e defini' la rappresaglia "una grande tragedia intima"