(ANSA) - MILANO, 5 MAR - Verbund abbandona Sorgenia al suo
destino e ribadisce di non aver alcuna intenzione di mettere
mano al portafoglio per contribuire al salvataggio del gruppo
elettrico di cui è il secondo azionista (45,6% del capitale),
dietro a Cir (52,9%).
L'utility austriaca nel 2013 ha svalutato a zero la
partecipazione dopo un impairment test negativo per 396 milioni
di euro e un impatto sui conti, presentati oggi, di 231 milioni.
''Ci sono state richieste per contribuire ad aiutare con
capitale fresco ma abbiamo fatto presente che non saremmo stati
disponibili. Questa è una posizione che abbiamo enunciato
durante gli ultimi tre anni e la nostra posizione non è ancora
cambiata'', ha spiegato il presidente del consiglio di gestione,
Wolfgang Anzengruber.
D'altra parte le banche creditrici di Sorgenia, esposta per
1,9 miliardi, non possono rifarsi su Verbund. ''Non ci sono in
alcun modo garanzie, di qualunque tipo, che abbiamo fornito per
Sorgenia'', ha detto Anzengruber, escludendo che un default
della società possa avere ''alcun impatto'' sul gruppo
austriaco. Dal salvataggio si tirano fuori anche le multiutility
italiane. ''Non siamo interessati'' alle centrali a gas di
Sorgenia, hanno spiegato i vertici di Hera, Iren e Acea in
occasione di un convegno a Milano
Intanto il cda della società si è nuovamente riunito per fare
il punto della situazione, dopo che lo scorso 26 febbraio erano
state esaminate le opzioni a disposizione, dalle procedure
concorsuali a un aumento di capitale da 200 milioni. La
situazione resta tesa: il gruppo, a cui le banche hanno chiuso i
rubinetti, ha un'autonomia finanziaria di un paio di settimane.
Per uscire dallo stallo occorre che Cir e le banche arrivino
a un accordo sulla ripartizione dei sacrifici. Dei 600 milioni
di debito in eccesso le banche vorrebbero da Cir almeno 150
milioni, trasformando in azioni il doppio e ricorrendo a un
prestito convertendo per la restante parte, ma la holding della
famiglia De Benedetti non è disponibile a mettere più di 100
milioni, anche perché finirebbe in minoranza. Non a caso tra i
nodi da sciogliere c'è quello del controllo di Sorgenia e dei
poteri di governance.
La crisi del mercato elettrico coinvolge anche Tirreno Power,
di cui Sorgenia detiene il 39% e Gdf Suez il 39%. ''Non credo
che in questo momento Gdf Suez voglia investire nella
generazione elettrica in Europa'' ha detto il Ceo di Gdf Suez
Italia, Aldo Chiarini, escludendo che il gruppo possa aumentare
il suo peso in Tirreno Power. La società ha un debito di 875
milioni in scadenza a giugno. Il management ''sta lavorando ad
un nuovo piano industriale che verrà al più presto sottoposto ai
soci e alle banche''.(ANSA).