(ANSA) - MILANO, 4 MAR - Per comprendere il monito di Via
Nazionale occorre considerare che gli interventi sullo statuto
sono di competenza dell'assemblea salvo i casi di mero
''adeguamento'' a norme di legge. In tal caso, trattandosi di un
allineamento a fonti normative superiori, è il consiglio di
sorveglianza che, ai sensi dell'articolo 46 dello statuto di
Ubi, ha ''in via esclusiva'' il compito di procedere.
La modifica introdotta da Ubi rientra nelle fattispecie di
competenza del consiglio? Qui le posizioni divergono: la
maggioranza del Cds, guidata dal presidente Andrea Moltrasio e
confortata dai pareri dei giuristi Piergaetano Marchetti e
Giuseppe Portale, ha considerato la modifica un adeguamento al
comma 5-bis dell'articolo 30 del testo unico bancario,
introdotto dalla legge 17 dicembre 2012. Per i consiglieri
dissenzienti, tutti eletti nella lista di minoranza e capitanati
dal professore della Bocconi Andrea Resti, la legge non impone
alcun obbligo di introdurre il requisito delle 250 azioni e
dunque la competenza è dell'assemblea.
''Margini di discrezionalità'' nell'adeguamento al testo
normativo risultano a Bankitalia, quando sottolinea il ''non
trascurabile rischio legale'' derivante dall'approvazione in cds
della norma. Via Nazionale, che ha autorizzato la modifica sotto
il profilo della ''sana e prudente gestione'', l'unico di sua
competenza, ha rimesso invece ''alla piena ed esclusiva
responsabilità'' del cds ''la valutazione di tali profili di
rischio e le conseguenti decisioni da assumere in merito alle
modalità di approvazione della delibera in questione''.
Ma che cosa dice la norma del 2012 a cui il Cds ha ritenuto
di adeguare lo statuto? ''Per favorire la patrimonializzazione
della societa', lo statuto può subordinare l'ammissione a socio
[...] al possesso di un numero minimo di azioni, il cui venir
meno comporta la decadenza''.
Secondo Resti, emerge dal verbale, la revisione statutaria
non si configura come ''un mero adeguamento normativo'', cioè
''un passaggio necessario e ineludibile, rispetto al quale non
sono possibili opzioni diverse'', definendo ''paradossale una
lettura che vorrebbe far discendere un obbligo da quella che è
una facoltà''. ''Se c'era un obbligo, doveva valere dal momento
dell'approvazione della legge'', afferma ancora ricordando che
la norma è in vigore da oltre un anno.
Secondo la maggioranza del cds, invece, lo statuto già
subordinava l'ammissione a socio al possesso di un numero minimo
di azioni per cui si tratta di integrarlo con l'ulteriore
previsione che ''il venir meno'' del numero minimo ''comporta la
decandenza'' dallo status di socio. ''L'ammissione a socio con
un lotto minimo di 250 azioni è stata deliberata dall'assemblea
di Bpu, ancora, il 30 aprile 2005'' ha ricordato Moltrasio in
Cds. ''Noi vogliamo difendere gli interessi di tutti i soci in
eguale misura, chiarendo una volta per tutte e assumendoci la
responsabilità di questo, cioè che sia chiaro, se vengono meno
250 azioni, che non si è più soci'' ha aggiunto.
Tra i rischi che Ubi corre c'è quello che i soci, in primis
quelli che perderanno lo status, possano impugnare la delibera
del cds e quella assembleare.(ANSA).