(di Paolo Algisi)
(ANSA) - MILANO, 4 MAR - La revisione dello statuto decisa da
Ubi Banca il 13 febbraio scorso, quando il consiglio di
sorveglianza ha introdotto il requisito del possesso di 250
azioni per restare soci, potrebbe trascinare in un contenzioso
legale l'istituto guidato da Victor Massiah. Parola di Ignazio
Visco, governatore della Banca d'Italia.
Per capire il senso dell'avvertimento di Via Nazionale
occorre ricordare che la competenza sulla revisione dello
statuto è dell'assemblea, salvo il caso in cui si proceda a un
mero adeguamento alla legge. In tal caso, non essendoci
discrezionalità, è compito esclusivo del cds provvedere.
Ed è proprio sulla competenza ad inserire nello statuto la
norma sul possesso azionario minimo che il cds di Ubi Banca si è
diviso e la Banca d'Italia, che ha autorizzato la modifica dal
punto di vista della ''sana e prudente gestione'', ha sollevato
dubbi procedurali. L'approvazione da parte del cds e non
dell'assemblea comporta ''un non trascurabile rischio legale,
considerata la discrezionalità nel recepimento'' delle norme
legislative del dicembre 2012, ha scritto Visco a Ubi.
Contro l'approvazione in cds della norma si sono espressi
anche i cinque consiglieri eletti nella lista di minoranza 'Ubi
Banca Popolare!', espressione dell'anima cooperativa della
banca, tra cui il professore della Bocconi, Andrea Resti. Ad
avviso dei quali l'introduzione di un possesso azionario minimo,
disciplinato dalla legge 17 dicembre 2012, non è un obbligo di
legge ma una possibilità. Una interpretazione non condivisa
dalla maggioranza del consiglio che, nonostante il suggerimento
di Bankitalia, forte dei pareri dei giuristi Piergaetano
Marchetti e Giuseppe Portale, ha ritenuto la sua iniziativa un
mero adeguamento, senza discrezionalità, al dettato legislativo.
Chi avrà ragione lo decideranno forse i tribunali. A Bergamo
l'associazione 'Ubi, Banca Popolare!' sta valutando iniziative
legali contro una delibera che, afferma il vicepresidente
Francesco Massetti, ''rischia di tagliar fuori dalla prossima
assemblea tra i 10 e i 15 mila soci che hanno meno di 250
azioni''. Ma il rischio di impugnativa grava anche sulle future
delibere assembleari.
Lo scontro interno a Ubi si consuma mentre Bankitalia sta
ultimando la valutazione della riforma della governance
sottopostale a metà dicembre. Un progetto che, accanto allo
snellimento dei consigli, prevede l'evoluzione verso una
'Popolare integrata', con un maggior coordinamento tra la base
cooperativa e gli investitori istituzionali, di cui viene
aumentato il peso nella governance.
Sulla riforma si dovrà esprimere l'assemblea. Alla quale non
parteciperanno tutti quei piccoli soci che, entro il termine del
19 aprile fissato dal Cds, non ricostituiranno una dote minima
di 250 azioni. Una mossa finalizzata a 'sfrondare' il libro soci
da voti potenzialmente contrari, secondo i critici del Cds. Una
iniziativa per ''difendere gli interessi di tutti i soci in
misura eguale'' secondo le parole messe a verbale dal
presidente, Andrea Moltrasio.