(di Lucia Magi)
Vale ancora la pena spingersi
oltre il reef. La barriera corallina che la giovane protagonista
di Oceania aveva superato nel 2016, navigando verso l'ignoto
contro i divieti paterni, continua a starle stretta. Nel sequel
dell'amato film Disney, che arriva il 28 novembre al cinema,
Vaiana si imbarca in un'altra epica avventura in mare aperto.
"Vaiana è cresciuta", spiega all'ANSA il regista Dave Derrick
Jr. durante una visita al quartier generale della casa di
Topolino a Burbank, a nord di Los Angeles. "Nel primo film
andava alla scoperta di sé. E ci è piaciuto vedere quanto
lontano sia arrivata, ma volevamo spingerla ancora oltre. Ora
non è più sola, è un punto di riferimento per la sua comunità, è
una leader, ha un equipaggio di cui occuparsi", considera il
creativo.
Oceania 2 arriva quasi un decennio dopo l'originale, ma nel
tempo narrativo sono passati solo tre anni: l'eroina polinesiana
è ora un'adolescente consapevole, esperta navigatrice ed
esploratrice, ammirata da tutti gli abitanti dell'isola,
compresi i genitori, che hanno sostituito l'apprensione con
l'orgoglio. Per seguire un inaspettato richiamo dei suoi
antenati, la ragazza decide di salpare verso acque pericolose e
remote, alla ricerca di altre isole disseminate nel Pacifico. Da
brava capitana prepara la barca e mette insieme un nuovo
equipaggio, ben più strampalato e numeroso di quello del primo
film. A bordo con lei ci sono l'amica inventrice Loto, il
cantastorie che conosce tutte le leggende Moni, l'anziano cuoco
che non ha mai lasciato la terraferma Kele, il maialino Pua e la
solita gallina svampita Heihei. Ovviamente arriva anche Maui, il
Dio molto umano che l'aveva accompagnata a restituire il cuore
rubato alla divinità Te Fiti.
"Porta con sé delle persone e se ne sente responsabile. Così
scopre se stessa in una nuova dimensione, quella della leader.
Ed emerge il suo vero superpotere: l'empatia. Forse soprattutto
perché è una donna, Vaiana esercita il potere con la cura.
Perché tiene profondamente al suo popolo", afferma Dana Ledoux
Miller, che ha scritto il film con Jared Bush.
Lei, come Derrick e molte delle centinaia di persone che hanno
lavorato per quattro anni al progetto, hanno una discendenza
polinesiana: "Essendo samoana, raccontare una storia radicata
nella cultura del Pacifico è un'enorme responsabilità, ma anche
una gioia. Tutte le mattine arrivavo a lavorare pensando ai miei
cugini, agli zii. Spero che quando vedranno il film si sentano
rappresentati, celebrati", riflette Ledoux Miller.
Una squadra di antropologi, storici e studiosi della cultura
e delle lingue del Pacifico ha affiancato la produzione dal
primo giorno. "C'è una detto popolare che ci ripetevano:
'L'oceano non separa, ma unisce'. È il messaggio che risuonava
in noi da quando abbiamo cominciato a pensare al secondo film.
Eravamo separati dal Covid e ci siamo resi conto che, anche se
lontani, il senso di appartenenza, di comunità e amicizia ci
teneva uniti," racconta il co-regista Jason Hand. "Penso che sia
un grande messaggio per i tempi che viviamo. Siamo più legati di
quanto pensiamo e abbiamo con gli altri più cose in comune che
differenze", considera Ledoux Miller, che aggiunge: "Preparate i
fazzoletti, ma siate anche pronti a farvi belle risate".
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