Al 3° posto tra le cause di morte
nella popolazione, i casi di trombosi venosa ed embolia
polmonare sono oltre 10 milioni l'anno nel mondo.
Complessivamente prendono il nome di tromboembolismo venoso
(Tev), al primo posto per mortalità nei pazienti ospedalizzati.
"Conoscere la trombosi significa curarla e salvare delle vite:
la diagnosi precoce è fondamentale", sottolinea il prof.
Domenico Gabrielli, presidente della Fondazione Tuo cuore e
direttore di Cardiologia al San Camillo di Roma, in occasione
della Giornata mondiale del Tev il 13 ottobre. "Solo il 25% dei
pazienti ricoverati sa che il ricovero in ospedale aumenta la
probabilità di trombosi".
La trombosi venosa profonda si verifica quando si forma un
coagulo di sangue (trombo) nel distretto venoso. Il suo distacco
e la migrazione a livello polmonare porta all'embolia,
potenzialmente letale. Importante riconoscere i sintomi:
"Gonfiore, rossore, dolore ad un arto inferiore", o i più gravi
"mancanza di fiato (dispnea), tosse con striature di sangue
(emottisi), dolore al petto", più tipici dell'embolia polmonare,
presenti però "anche in altre patologie frequenti (polmonite,
scompenso cardiaco), complicando il percorso
diagnostico-terapeutico", spiega Gabrielli.
"Il Tev è più frequente nelle donne in età fertile
(probabilmente a causa dell'uso di contraccettivi ormonali e
della gravidanza), mentre gli uomini hanno un tasso di incidenza
più elevato sopra i 45 anni", afferma il dott. Andrea Garascia,
chairman area Malattie infettive del Circolo polmonare Anmco. La
patologia è in aumento per diversi fattori esterni come
l'aumento della vita media, ma a facilitarne l'insorgenza sono
"obesità, fumo, malattie infiammatorie intestinali", oltre che
"immobilità prolungata, fratture o esiti di chirurgia
ortopedica, assunzione di estroprogestinici, neoplasie".
Cruciale "conoscere i fattori predisponenti per poterli
contrastare con determinati comportamenti (stretching muscolare
o blande passeggiate o calze elastiche durante viaggi lunghi), o
mediante profilassi con anticoagulanti sc", evidenzia Garascia.
Se riconosciuta preventivamente "abbiamo a disposizione una
terapia adeguata in grado di curare sia le forme meno gravi
clinicamente sia quelle con quadri di presentazione più gravi
(come l'arresto cardiocircolatorio", conclude Gabrielli.
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