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Dopo l'incidente in cui il runner 26enne Andrea Papi ha perso la vita per l'aggressione da parte di un orso in un bosco in Val di Sole, è scoppiata la polemica sulla pericolosità in generale di questo plantigrado e sulla 'problematicità' in particolare di questo esemplare, Jj4, sull'opportunità di abbatterlo, ipotesi contro cui si sono sollevate naturalmente le associazioni animaliste, e sull'eccessivo numero di questi onnivori in Trentino rispetto alla sostenibilità del progetto 'Life ursus' e alla convivenza con l'uomo. Ma davvero tutti gli orsi sono pericolosi per l'uomo?
L'analisi
Gli orsi in generale non sono aggressivi e non rappresentano un pericolo per l’uomo, spiegano dall'Ispra, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ente pubblico sottoposto alla vigilanza del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica, che ha competenza scientifica in materia. L’orso tende a evitare l’uomo, allontanandosi nel caso ci si avvicini inavvertitamente molto prima che si verifichi un incontro. Gli attacchi sono molto rari, e in genere sono finalizzati all’autodifesa, non ad un comportamento predatorio. L'orso è un onnivoro e nella sua dieta predomina la componente vegetale. I dati mondiali indicano che la maggior parte degli attacchi riguardano femmine con piccoli, orsi colti di sorpresa o orsi disturbati da cani non al guinzaglio. Orsi abituati a mangiare cibo di origine umana, come scarti di cibo, rifiuti organici, o altri alimenti presenti in prossimità di aree abitate, possono perdere la naturale elusività verso l’uomo, aumentando il rischio di incidenti.
La pericolosità di un animale, spiega l’etologo Pierluca Costa, non è data soltanto dalla sua mole o dal possesso o meno di strutture anatomiche funzionalmente mortali (unghie, zanne, denti carnassiali, veleno etc.), ma anche dalle caratteristiche etologiche di specie e dal momento biologico che l’animale sta affrontando.
L’orso bruno (Ursus arctos) è tassonomicamente classificato nell’ordine Carnivora, ma non può essere considerato un predatore vero, perché preferisce generalmente soddisfare i propri fabbisogni proteici consumando carcasse, oppure approfittando di prede già in difficoltà come animali malati o feriti; tuttavia, questa abitudine comportamentale non rende l’orso meno pericoloso rispetto ad altri grandi carnivori.
L’etologia suggerisce di considerare che il livello di pericolosità in una specie animale può variare durante l’anno, perché essa risponde a specifici stati fisiologici e comportamentali che sono in grado di modularne l’espressione, soprattutto sulla base delle esigenze biologiche. Ad esempio, una femmina con prole avrà una disponibilità aggressiva rivolta alla protezione dei piccoli decisamente più alta, rispetto ad una femmina senza cuccioli. Eppure, altri fattori (non strettamente correlati ai momenti biologici), possono influire sul comportamento: uno di questi è la densità di popolazione (numero di individui distribuiti sulla superficie considerata).
Negli orsi presenti nella regione Trentino si assiste da anni ad un incremento della popolazione con una probabile riduzione degli home range (territorio normalmente frequentato da un singolo individuo). Se si considera che in Ursus arctos l’home range di specie può giungere a contare decine di chilometri quadrati risulta essere evidente che un restringimento dell’habitat causato da un aumento della popolazione può provocare nei singoli individui (animali tendenzialmente solitari), un aumento di tensione comportamentale di carattere territoriale che può aumentare la disponibilità aggressiva.
Relativamente ai fatti recentemente accaduti sul monte Pellier che hanno dato alla cronaca il decesso del runner Andrea Papi a causa di una aggressione da parte di un orso, occorre considerare che eventi di questo tipo potevano essere prevedibili. I più importanti zoologi di questo settore già negli ultimi anni Novanta allertavano sulla delicatezza di eventuali reintroduzioni di individui dalla Slovenia e sulla pericolosità di specie (si vedano Carpanento, Simonetta etc.), mentre altri lavori scientifici rilevavano nel 2016 un aumento consistente della popolazione di orsi in Trentino e allarmavano specificatamente sul pericolo di un aumento di incontri casuali tra il plantigrado e la popolazione locale. L’eventuale abbattimento dell’individuo JJ4 (ritenuto responsabile dell’uccisione di Andrea Papi), dal punto di vista della gestione faunistica è un intervento che non risolve il problema, oltre che eticamente discutibile. Infatti, nell’analisi della pericolosità di una specie potrebbe non essere oggettivo attribuire colposità e/o pericolosità individuale, ma occorrerebbe tenere in considerazione che, per quanto possa colpire l’immaginario collettivo, una manifestazione comportamentale aggressiva di un orso verso un essere umano (anche mortale) è un evento probabile e normale, relativamente alle tendenze comportamentali di questi animali, soprattutto quando la popolazione si distribuisce su un territorio fortemente antropizzato che aumenta la probabilità che le parti si incontrino.
Conlcusioni
Gli orsi in generale non sono aggressivi e non rappresentano un pericolo per l’uomo, che in generale tendono ad evitare, allontanandosi. Gli attacchi sono molto rari, e in genere sono finalizzati all’autodifesa, non ad un comportamento predatorio. La maggior parte degli attacchi riguardano femmine con piccoli, orsi colti di sorpresa o orsi disturbati ad esempio da cani non al guinzaglio. Orsi abituati a mangiare cibo di origine umana, come scarti di cibo, rifiuti organici, o altri alimenti vicino aree abitate, possono aumentare il rischio di incidenti.
Le fonti: Paola Aragno ricercatrice dell'Ispra e Pierluca Costa etologo e zoologo
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