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I termovalorizzatori inquinano? Quando in una città italiana si propone di costruire un inceneritore della spazzatura che produca anche energia, molti cittadini si spaventano. Il timore è che questo impianto butti nell’atmosfera gas e polveri dannose per la salute, che faccia aumentare i casi di cancro fra gli abitanti. Ma è vero?
L’analisi
Siamo andati a vedere il caso di Torino, dove esiste uno dei termovalorizzatori più grandi e moderni d'Italia. L'impianto torinese del quartiere Gerbido è entrato in funzione nel 2013 alla periferia sudovest della città, vicino a Mirafiori. Brucia 500.000 tonnellate di spazzatura all'anno, 1.600 al giorno. Produce 65 megawatt di elettricità, sufficiente ai bisogni di 175.000 famiglie. Dal 2019 produce anche acqua calda per riscaldare le case vicine con il teleriscaldamento. L'impianto è gestito dall'Iren, multiutility quotata in Borsa.
Per verificare l’eventuale pericolosità dell’impianto, è stato formato un Comitato locale di controllo formato da Asl locali, Arpa e Istituto superiore di sanità. Il Comitato ha condotto un'indagine epidemiologica dal 2013 al 2018 su 200 torinesi che abitano intorno all'impianto e altri 200 che vivono in altre zone. Il risultato è che non ci sono differenze fra un gruppo e l'altro nella presenza di inquinanti nelle urine e nel sangue. L'aria di Torino è inquinata, ma a causa delle auto e del riscaldamento, non per il termovalorizzatore.
I tir della spazzatura quando arrivano all’impianto vengono controllati per accertare la provenienza del rifiuto (per evitare smaltimenti illegali) e l'eventuale presenza di materiali radioattivi. Quindi i rifiuti vengono scaricati in una gigantesca fossa di cemento armato, lunga 150 metri, larga 10 e alta 30, pressurizzata per evitare la diffusione di odori. Stando davanti alla fossa, non si sente alcuna puzza.
Due benne a polipo buttano 7-8 tonnellate di rifiuti alla volta nella caldaia. La spazzatura brucia da sola a oltre 1.000 gradi. Deve rimanere sopra gli 850 gradi per non produrre diossina. Se scende sotto quella soglia, entrano in azione bruciatori a gas. Il fondo della caldaia è formato da griglie inclinate che si muovono, per far cadere in fondo le scorie. I fumi roventi scaldano l'acqua dentro dei radiatori. Il vapore acqueo fa girare una turbina, che produce elettricità.
I fumi, carichi di sostanze pericolose, subiscono 4 processi di pulitura: un elettrofiltro toglie il 99% delle polveri, un reattore a secco assorbe metalli e gas acidi, i filtri a maniche trattengono le polveri sottili, un reattore catalitico abbatte gli ossidi di azoto.
I fumi depurati escono da un camino alto 100 metri. All'interno del camino ci sono rilevatori di 10 sostanze inquinanti, collegati direttamente con l'agenzia regionale ambientale, l'Arpa. Questa può sapere in tempo reale cosa esce dall'impianto, senza dover chiedere all'impianto. Sul sito del termovalorizzatore (trm.to.it) i cittadini possono controllare i valori delle emissioni dell'impianto del giorno prima, e verificare se rimangono sotto i limiti di legge.
Fin dall'inizio, la società di gestione Trm (80% Iren, 20% Comuni della zona) ha tenuto un atteggiamento di dialogo con la popolazione locale. L'impianto è visitabile al pubblico e accoglie numerose scuole.
Le fonti
Visita diretta dell’ANSA al termovalorizzatore di Torino, documentazione Trm, Asl e Arpa.
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